Il mio salumiere è un filosofo. Te ne accorgi subito, lo inquadri
dal baffo casereccio eppure sapiente.
Tra una pacca al prosciutto, e una carezzina alla lonza, lui ti affetta verità genuine, fresche di giornata.
“Signora, la vuole la sarsiccia?... Se la sarsiccia non vuole, o le fa male un dente o ha una spina nel cuore”.
E ride, con quella sua grassa e succulenta risata, e la
manona aperta a lenzuolo sul grembiulone lindo: a mo’ di garanzia.
“Senta, Signor Salumiere, potrebbe levarmi la prima fetta
dal crudo?... è così scura, non sembra buona… mi faccia la cortesia, lei che è
così premuroso…”
“Ma certo, Signora Adorata Cliente, è come nella vita, a
volte bisogna levare una fetta e dietro c’è ancora qualcosa di buono…”.
Poi tocca ad una Arzilla Signora di mezza età, che tiene
una Smilza Vecchina sotto braccio e la scuote e la rimbecca di continuo.
No mamma, basta, taci, che vuoi saperne tu di come si fa la spesa!..., barrisce
la Arzilla Signora sulla china testa di neve della Smilza Vecchina.
“Oh, bene” chioccia la Arzilla Signora, “Tocca a noi...”.
Ed è tutta contenta, protagonista del
suo momento.
“Mi faccia un etto di milano e due di dolce… che sa, mio figlio è
un disgraziato, se non lo accontento mi butta la roba in faccia, non mangia più…
Questi ragazzi di oggi, strafottenti, ingrati…”.
Il baffo del salumiere freme; lo si nota da dieci palmi
di naso che freme; sembra una molla pronta a scattare, un’animata trappola per
topi che canta la melodia delle sirene di Ulisse al cospetto di un roditore.
“Eh, ha proprio ragione, mia Arzilla Signora, i figli a
volte sono spietati, giudici incorruttibili, pretenziosi di diritti e
dispensatori di poco rispetto…”
“Ma venga, Arzilla Signora, venga, si avvicini…”, si
sporge dal banco, con la stessa imponenza con la quale si sporgerebbe un re dal
trono. Si schiarisce il vocione. “Conosco una storia… Ascolti, ascolti, è proprio
una bella storia…”
La Arzilla Signora fa cenno col capo; con gli occhi rossi
da raganella spaventata, sta impalata sotto al trono e ascolta.
“C’era una volta un Figlio. Era un Figlio discretamente
felice, perché era diventato grande, aveva una bella casa, un bel lavoro e pure
una bella Moglie che era in attesa di un figlio suo. L’unico peso era un Padre malandato,
che aveva accolto tra le sue mura ma che oramai era diventato di impiccio per
tutti…
Un giorno la Moglie disse al Figlio che doveva sbarazzarsi di quel Padre, che
con l’arrivo del bambino avrebbero avuto bisogno di spazio e che dunque era il
caso di non badare ai sentimentalismi e
di sistemare il vecchio altrove.
Il Figlio, né troppo convinto, né troppo
rattristato, si prese il Padre sulle spalle e decise di portarlo al di là del
bosco, in una piccola capanna dove il Padre sarebbe in qualche modo potuto
sopravvivere.
Lungo la strada, tuttavia, si accorse che il Padre pesava e che
non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungere la meta; allora si fermò e posò Il
Padre su una pietra.
«Papà, pesi troppo», gli disse, «ti appoggio qui e poi
torno a prenderti… ».
Il Padre lo guardò con gli occhi annacquati, poi chinò la
testa di neve. «No Figlio», disse piano, «non lasciarmi qui, questa è la pietra
dove io ho lasciato mio Padre…».
Il Figlio, scosso da quelle parole, si riprese il Padre
sulle spalle e lo riportò a casa, e da quel giorno lo trattò sempre come in
cuor suo desiderava che suo figlio trattasse lui da vecchio.”
La Arzilla Signora ha la bocca aperta di papera
impallinata; paga l’etto di milano e i due di dolce e quasi fugge via con la
Smilza Vecchina, che sghignazza felice alle sue spalle.
Io sorrido tra me e me; e penso che tra tutte le fortune
che potevano capitarmi nella vita, non di meno è quella di aver trovato un
Salumiere Filosofo.